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La Storia

La Storia del SS. Santuario di Papardura

Il nome della località “PAPARDURA” dà luogo a diverse interpretazioni:

  • lo storico Littara di Noto fa derivare il nome dalle acque che nella  località sono abbondanti, pertanto Papardura  significa  “ località dalle acque perenni e cospicue”.
  • Altra spiegazione verosimile è nell’origine persiana della parola, “Papar-dura” è la traduzione di acqua sorgente e “dura” che è sinonimo di roccia. Gli arabi la chiamarono così per indicare la roccia dell’acqua sgorgante. 

Il maestro Salvatore Morgana, studioso delle vicende cristiane relative alla città di Enna, nel suo opuscolo, edito a cura della deputazione dei Massari del SS. Crocifisso di Papardura, narra che gli albori del cristianesimo i contadini e i pastori si riunivano nelle grotte delle pendici di Enna  per pregare la Misericordia  Divina ed accendevano nelle stesse grotte le caratteristiche lucerne ad olio.
Nell’opuscolo suddetto è riportato che nel 1546 un tale Angelo Lo Furco nei pressi di Papardura costruì dentro una grotta un oratorio e sulla parete fece dipingere una scena raffigurante  la Crocefissione.
Nel tempo che seguì si persero le tracce della grotta, che fu coperta dai detriti che scendevano dalla parte soprastante.

La leggenda vuole che nel 1600 circa, alcune pie donne sognarono che nella parte più alta della sorgente di papardura vi era raffigurata l’immagine di Gesù crocifisso e che diverse persone che avevano pregato sul luogo sopra descritto erano state miracolate.
Nel luogo indicato si procedette alla rimozione dei detriti che si erano accumulati nel tempo ed apparve la grotta con l’immagine di Gesù Crocifisso.
Molti corsero a visitare la grotta e la voce dei miracoli che accadevano si sparse per tutta la Sicilia.

Sempre secondo il maestro Morgana nel 1696 con i contributi di una deputazione di procuratori detta dei “Massari”, fu costruito un ponte per l’edificazione della chiesa, con inglobamento della grotta nella cui parte e rappresentato il SS Crocifisso.

Si narra che dal Natale del 1742 al 30 novembre 1743, non si ebbero ne pioggia e nemmeno venti umidi. A questo seguì un altro duro inverno e i raccolti furono così scarsi che vi fu una considerevole carestia.
In quella occasione nel 1746, si svolse una processione penitenziale fino al Santuario, quelli che vi parteciparono erano così descritti: “Erano tutti a piedi scalzi e sembravano usciti dalle sepolture, i capelli scarmigliati, la corda al collo, piangevano e pregavano.”
Giunti i penitenti nella Chiesa di Papardura il parroco della Chiesa di S. Cataldo, ebbe parole adatte alla circostanza e annunziò che i procuratori della Chiesa in omaggio a Gesù Crocifisso, ogni anno, per la festa avrebbero distribuito delle piccole “collorelle” (“CUDDUREDDE”) biscottate, benedette, a forma di delta greca (croce santa), costituite da impasto di pane azzimo. Le prepararono in quell’istante per onorare il SS. Crocifisso, con la speranza che tale gesto avrebbe dato un abbondante raccolto di grano.
Le Cudduredde, per fare fina alla carestia, furono divise a ruba.
Quell’anno la terra diede tanta abbondanza di grano che non bastarono i granai a contenerlo e ne fu anche conservato negli oratori delle Confraternite che erano ricolmi a disposizione di tutti.
Le Cudduredde sancirono una devozione che da allora e fino ai giorni nostri viene praticata nella festa del Crocifisso come atto di ringraziamento per la fine della terribile carestia.

Si racconta inoltre che un giorno nel 1699 ad un massaro cadde una vitella da un dirupo. Nella caduta l’animale riportò la frattura degli ossi del collo.
Il Massaro invocò la grazia del Crocifisso affinché la giovenca fosse salvata e volle che il cappellano della chiesa di S. Cataldo lo raggiungesse nel burrone, sotto la rupe di papardura  per benedire la giovenca agevolando così il compimento della grazia richiesta.
Il parroco andò e dopo la benedizione la giovenca da sola si rialzò come se nulla fosse accaduto.
Per la festa, il massaro, donò al Santuario una vitella per essere cucinata e mangiata ai procuratori e dai pellegrini più poveri con l’obbligo di inviare al parroco della Chiesa di S. Cataldo la testa e il collo dell’animale sino all’attaccatura del corpo.

Nel corso dei secoli e fino ai giorni nostri, il Santuario che è sotto la giurisdizione della parrocchia Mater Ecclesiae, è stato ed è amministrato da una deputazione di procuratori detta dei “Massari” che ogni due anni elegge un presidente, un depositario, due consiglieri e un segretario.

Sulle pendici a Sud-Est della città di Enna sorge il Santuario del SS. Crocifisso di Papardura.